Le nuove porte antincendio – D.M. 03/08/2015

 Dagli anni 60 le porte classificate per resistenza al fuoco sono state comunemente chiamate “porte tagliafuoco” (o antincendio) e, brevemente, indicate “porte REI” (anche se la R è decaduta da tempo); nell’ultimo lustro, molto timidamente, si è affacciato il requisito W, ma non si andati oltre; non è mai stato indicato (perchè non considerato) il requisito S, anche se quasi tutti i produttori offrivano ed offrono, dei “kit di guarnizioni (gomma + ev. guarnizioni “a scatto”) per “tenuta ai fumi freddi” (comunque senza alcuna qualificazione sperimentale).

Con il decreto in titolo potremo vedere porte : S200Sa – EW – EWSa – EISa- ecc.; e tempi di permanenza dei requisiti diversi da quelle storicamente usuali : 60 – 120, raramente 90 e 180) e, per porte di camere alberghi, ecc. , 30 e 15.

Come mai ?

Perchè si è riconosciuto che il pericolo da incendio proviene essenzialmente dalla diffusione dei reflui nocivi volatili (gas e fumi), che questi non sono solo caldi ma, specie nelle fasi iniziali di incendio covante, sono freddi; che anche quelli caldi, allontanandosi dalla fornace, si raffreddano; che la densità (il peso specifico) in rapporto a quella dell’aria può essere maggiore e, quindi, i gas più pesanti viaggiano “a pavimento”, quelli più leggeri viaggiano “a soffitto” e che quelli caldi, raffreddandosi, possono calare da soffitto a pavimento e che, comunque, si possono avere miscelazioni anche totali tra aria ambiente fumi e gas; e allora, ecco la svolta, bisogna avere “porte tagliafumo” (e gas).

Meglio tardi che mai; i Paesi antesignani delle chiusure antincendio (G.B., U.S.A.) sono partiti con porte tagliafiamma ed antifumo, preoccupandosi, ma in secondo piano, dell’isolamento termico; noi, partendo con la Circolare 91/61, abbiamo posto subito in massima evidenza i REI 120 e 60 J e, oggi, scopriamo la tenuta ai fumi J.tabelle-resistenza-al-fuoco-porte

J bisogna ricordare che la “Circolare 91 prevedeva che prima di iniziare la prova di resistenza al fuoco si accertasse la capacità della porta ad offrire tenuta al fumo (quindi freddo), e questa verifica avveniva, presso l’unico forno di prova allora esistente nel C.S.E. (Centro Studi ed Esperienze del C.N.VV.F. di Roma Capannelle), con un escamotage : i bruciatori del forno erano alimentati con nafta, appena avviata la combustione (fiamma dai bruciatori) si agiva sulle loro valvole di alimentazione con un gioco di ” riduzione al minimo, apertura al massimo” che provocava una repentina sovralimentazione  con conseguente sfiammata, grossa produzione di fumo da parte del carburante non combusto, e sovrappressione = la porta veniva investita da una ondata di fumo premente dall’interno e, ad occhio, si vedeva se questo passava in modo significativo verso l’esterno (poi la prova si avviava con la regolazione dei bruciatori a seguire la curva della temperatura interna prestabilita). Passando l’alimentazione da nafta a gasolio (più volatile e meno “fumoso”) e, poi, a gas metano questa chance si è persa (dal 1993 con la UNI CNVVF 9723/poi + A1) non è stata prevista alcuna procedura sostitutiva.

In affetti la prova di resistenza al fuoco, con l’accertamento della tenuta al passaggio di fiamma gas e fumi caldi, qualifica la chiusura per il requisito E, che equivale al S200; manca, però, la qualificazione per il requisito Sa = tenuta a fumi (e gas) freddi.

Questa (come quella per la sola tenuta a gas caldi con rt 200°C) potrà avvenire con priove effettuate secondo la norma tecnica UNI EN 1634-3 – quando questa sarà resa cogente, operativa, e saranno state definite le procedure di riconoscimento dei risultati di prova e le modalità di trasfrrimento in produzione (quella che oggi è la procedura di omologazione e domani sarà quella della marcatura CE)